E' passato qualche giorno, ma non potevamo non rendere conto di un altro incontro davvero interessante con i partecipanti al laboratorio intensivo con adulti e bambini organizzato dall'associazione Arca e dal Comune di Orosei, all'interno di "Fainas", la rassegna curata da esperti in tre diversi ambiti. Come si vede dalle foto, sono stati quattro giorni di colla, carta stoffe e fili, tanti fili (e altrettanti ingarbugliamenti!). Prendendo spunto dalla bella collezione - unica in Sardegna - del museo don Nanni Guiso, che ospita circa 50 teatrini in miniatura, abbiamo realizzato non solo una piccola marionetta, ma anche la scatola-teatro in cui farla agire. Grazie davvero agli iscritti e iscritte, a chi si é aggiunto per dare una mano, a Giovanna Orrù, ad Amalia Becheru, instancabili nel gestire le operazioni, a Rosellina Puretto della scuola dell'infanzia S. Antonio Abate, dove abbiamo incontrato le classi, ai genitori (più genitrici, in verità) che ho visto appassionarsi più dei figli a costruire e decorare.
Una decina di giorni fa il primo spettacolo di marionette a filo per adulti prodotto da KronicoKab é uscito per la prima volta da StanzeBottega K, il nostro spazio nel quale era stato replicato 3 volte come anteprima del debutto vero e proprio. La mia città, non abituata a vedere in teatro questa forma espressiva così trattata, ha reagito con curiosità e interesse a ciò che ha visto in scena. Ciò mi fa ben sperare che chi va a teatro, e anche chi non lo frequenta abitualmente, continuerà a seguirci e ad entrare nell'ottica che il teatro di figura sia un mondo tutto da scoprire, ricchissimo e variegato, suscettibile, come già si vede in giro, di connubi con altre forme, come la danza, la musica, le arti visive. Qui sotto due lunghi e interessanti commenti (ma non sono stati gli unici) di uno spettatore e una spettatrice che ho avuto la fortuna di avere tra il pubblico e che hanno dedicato il loro tempo ad esprimermi un'opinione (che non svela troppo dello spettacolo!) cui ho dato risposta in altra sede. Davvero grazie a loro e a chi c'era
COMMENTO 1
Qualche giorno fa ho partecipato a SpazioBunker all’inizio di qualcosa che ha senso, ma che, per attecchire nel territorio, richiederà una certa dose di caparbietà e un pizzico di fortuna.
Nadia Imperio ci porta a spasso in una realtà cruda, scoraggiante e che sì, in qualche modo, sarebbe rassicurante pensare relegata ad un girone infernale.
Vana speranza: parla del presente.
Alcuni concetti e riferimenti popolari sono molto chiari, raccontati con una malinconia quasi opprimente. Si parte con le vaginifiche conserve dal potere illimitato per atterrare a confessionali non tanto diversi da quelli (ancora popolari) dei reality show, passando per le vite esasperate di alcuni personaggi da freak show ben caratterizzati. Davanti a noi si apre una versione potenziata del teatro dei burattini. Genere che, nell’immaginario collettivo del nostro Paese, rimane cristallizzato a un passato fatto di tradizione popolare e bambini festanti.
Mi piace la versione tradizionale; è un formato di story-telling che trovo elegante. Ma questo è un tempo che sgretola i confini tra le arti e lo spazio per temi più impegnati e spinosi si trova.
Con Nadia abbiamo una passeggiatric…ina schiava del troppo bere e costretta da Mr. Wolf a “sorridere sempre”; un’insegnante distrutta da una vita insoddisfacente che l’ha derubata dei suoi sogni; una Barbra tuttofare che si svela imperfetta; due sorelle siamesi in perenne stato euforico. E tanto altro. Gustosa la tappa nell’Era dei vuoti proclami, in cui si esaltano azioni mediocri e perfino banali.
Per me, è stata una serata perlopiù di ascolto per prendere le misure e capire.
Devo dire che sono curioso di vedere fin dove i burattini possano spingersi, mantenendosi fedeli al genere ma spostando il confine più in là. Personaggi meno parodistici? Temi più divisivi?
Vedremo!
Per ora un applauso a Nadia.
COMMENTO 2
Ciao Nadia, eccomi a parlarti dello spettacolo e delle sensazioni che ho provato. Non avevo mai visto uno spettacolo di teatro di figura e l'ho trovato particolarmente impattante perché si presta a mettere in scena gli archetipi e, in generale, a declinare bene tutti i "personaggi" nelle loro sfumature e potenziano la comunicazione negli spettacoli come il tuo dove c'è un messaggio forte. Non so se ho toppato in pieno perché non sono esperta di teatro, ma a me è sembrato che pur assumendo come valide le istanze del femminismo, il finale racchiuda in sé il suo tallone d'Achille: Thelma e Louise sono state erette a bandiera femminista, ma in fondo condividono con tutte le altre donne la stessa disfunzionalità, che non è data dalla condizione in sé, ma dal vivere in un sistema sociale occidentale che è figlio del patriarcato e ha continuato con mezzi evoluti (i social, i reality, lo spettacolo) a schiacciare le donne. Thelma e Louise si ribellano, ma in fondo non esistono: sono parte integrante e funzionale allo stesso sistema che le ha prodotte. Ma dietro questo mi si apre un'altra riflessione: se Thelma e Louise sono modelli da seguire proposti dal sistema che schiaccia il femminile, l' "essere donna" oggi è spesso recitare una parte, solo in un teatro più vasto e senza applausi al termine dello spettacolo. Qualche anno fa mio marito mi disse che noi donne abbiamo il difetto di non essere ambiziose, perciò anche se siamo brave non arriviamo al comando. L'ho mandato a stendere dicendo che essere donna oggi è già un lavoro, se ci si mette pure a correre in verticale sui muri non so cosa di buono ne possa uscire. Ora non so se ho colto bene o se ho deragliato, nel secondo caso perdonami e dammi tu la giusta prospettiva. Degli aspetti tecnici non mi intendo per nulla, però suppongo ci sia un enorme lavoro tra video, audio e luci oltre alla tua personale preparazione, e questo lavoro è doppio perché bisogna lavorarci in produzione e in scena... Solo per questo veramente bravi! Spero di rivederti al più presto!
Sembra ieri il rientro da Cluj ed eccoci a Tirana, alla terza, coraggiosa edizione del PIF, unico puppet festival di tutto il Paese. Oggi tocca a noi. Il teatro che ci ospita è tutto fatto di legno, con una delle sale che riproducono il mitico Globe. Nella piccola sala sottostante è tutto pronto, il pubblico sta per arrivare. Non è facile neanche qui riprendere dopo gli ultimi due anni e riportare gli spettatori nei teatri, tenendo conto anche del fatto che il teatro di figura è un teatro giovane, in Albania. Le poche persone dietro questo evento ce la mettono tutta, non possiamo che augurare loro di crescere, di passione ne hanno da vendere. Grazie alla direttrice Aurora Qazimi e a Klajd Ymeri (le due anime del festival), e a tutti i lavoratori del teatro Metropole per la loro disponibilità e generosità.
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